


Labro si adagia, con la sua forma a ventaglio, su un colle che si affaccia sulla valle del Fuscello e sul lago di Piediluco mentre alle spalle è dominato dalla catena del Terminillo. Il turista, passeggiando nelle tortuose stradine di Labro potrà godere di questi paesaggi lacuali e montuosi, da finestre che improvvisamente si aprono tra le abitazioni di pietra e dal belvedere posto sulla sommità del paese.
Il paese fa parte della Provincia di Rieti (Lazio) e confina a Nord-Est con la Provincia di Terni (Umbria).
Le antiche case, i nobili palazzi sono stati ristrutturati negli ultimi anni dall'architetto Ivan Van Mossevelde: per merito di questo architetto l'inconfondibile silhouette si staglia nuovamente, nitida, nell'azzurro, con i suoi originali contorni.
Il comune comprende le frazioni di: Acquacogna, Colle Sorbo, Colle di Mezzo, Colle Rucciolo, Madonna della Luce, Collicelle, Macchie Basse, Macchie Alte, Colle del Lupo, Colle Sterleta, Collelungo, Case Tolla, Valle Avanzana.
testi tratti dal sito del Comune di Labro
Il paese fa parte della Provincia di Rieti (Lazio) e confina a Nord-Est con la Provincia di Terni (Umbria).
Le antiche case, i nobili palazzi sono stati ristrutturati negli ultimi anni dall'architetto Ivan Van Mossevelde: per merito di questo architetto l'inconfondibile silhouette si staglia nuovamente, nitida, nell'azzurro, con i suoi originali contorni.
Il comune comprende le frazioni di: Acquacogna, Colle Sorbo, Colle di Mezzo, Colle Rucciolo, Madonna della Luce, Collicelle, Macchie Basse, Macchie Alte, Colle del Lupo, Colle Sterleta, Collelungo, Case Tolla, Valle Avanzana.
testi tratti dal sito del Comune di Labro
Incerta è l'origine del nome del paese: per alcuni deriverebbe dal latino « aper, aprum » cinghiale (secondo una leggenda, la prima fortezza di Labro venne edificata da un patrizio reatino, il signore De’ Nobili, il quale, in occasione di una battuta di caccia, aveva fatto promessa di costruire un castello nel luogo dove avrebbe abbattuto il suo primo cinghiale; e, quasi a memoria del fatto, ancor oggi lo stemma del paese reca su di se l'immagine di un cinghiale sotto una quercia).
Per altri, e questa sembra l'ipotesi più probabile, il nome Labro sarebbe una derivazione di "lavabrum" che in latino vuol significare "vasca, bacino": questo anche per la prossimità al paese del lago di Piediluco, un tempo assai più esteso, sul cui bordo il paese sarebbe venuto anticamente a trovarsi.
Dal Decimo secolo dell'era moderna si hanno già notizie precise sulla contrada e sul castello di Labro, fatto costruire dai Nobili a somiglianza della Rocca di Spoleto; e dal 956 inizia la storia feudale del paese, quando l'imperatore germanico Ottone I investe Aldobrandino de'Nobili signore di Labro e concede a lui, oltre al titolo suddetto, la signoria di altri 12 castelli situati tra il ducato spoletino e il contado di Rieti. Il periodo medioevale non fu certo un'epoca tranquilla per Labro: anzi, proprio per le lotte svolte in quel periodo, il paese si fece la fama di centro battagliero; innumerevoli furono le guerre che Labro combatté contro i castelli vicini, e specialmente violente furono quelle contro la rocca di Luco. Proprio per una di queste guerre la famiglia de' Nobili venne a perdere, nella seconda metà del '400, la signoria di Labro e l'inespugnabile arroccamento che sorgeva nella parte alta del paese comprendente, tra l'altro, un'altissima torre dalla cui sommità tutto il cuore d'Italia poteva essere scrutato.
La famiglia Nobili donò nel XII sec. a S. Giovanni in Laterano la quarta parte di Labro per trovare un valido appoggio nella lotta contro i Normanni, che all'apice del loro splendore furono ai confini di Morro. All'antica famiglia dei signori rimase solo la cinta delle mura del castello, e appoggiandosi a questa Giordano De' Nobili, nel XVI secolo edificò un palazzo forte, tutt'ora esistente e di proprietà della famiglia Nobili Vitelleschi.
La struttura portante del paese, si apre seguendo il corso del sole, l'abitato degrada dalla sommità del colle per fasce ben delimitate. La prima, più antica, è quella del castello e della torre, fortemente orientata verso est; quindi si incontra la fascia dei palazzi nobiliari, cui segue la fascia delle case della gente comune.
Questi tre percorsi principali, uniti fra loro da percorsi secondari, scavati nella roccia, sono la spiegazione della genesi storico - sociale di Labro: il percorso più basso serve una fascia di abitazioni perlopiù unifamiliari, di artigiani o contadini. Il percorso intermedio comprende palazzi di tipo signorile. Il percorso più alto, che funziona anche come via di accesso al castello, è edificato sulla porzione più elevata del colle. Questa fisionomia, disegnata dalla esigenze del tempo, è passata indenne attraverso la storia, per arrivare intatta ai giorni nostri. Neanche i terremoti e le guerre sono riuscite nell'impresa di lasciare il segno.
É proprio durante la Seconda Guerra Mondiale che si ricorda un evento che poteva sconvolgere la vita del paese. Durante una rappresaglia cinquantuno uomini di Labro furono messi al muro. Fu solo per il deciso intervento della Marchesa Maria Giovanna, che si riuscì a rimandare l'esecuzione grazie alla sua conoscenza del tedesco e ad una preziosa abilità diplomatica, salvando così la vita di un paese intero. Nel dopoguerra, a causa dello spopolamento, Labro, rischiava di abbandonare la sua identità storico urbanistica. Diversamente dal destino seguito dalla maggior parte degli altri borghi medioevali vicini, Labro ha sempre avuto, attraverso i suoi abitanti, la cognizione e la responsabilità di conservare la sua fisionomia e struttura storico architettonica. Per questo possiamo ancora ammirarla oggi nella sua struttura originale.
testi tratti dal sito del Comune di Labro
Per altri, e questa sembra l'ipotesi più probabile, il nome Labro sarebbe una derivazione di "lavabrum" che in latino vuol significare "vasca, bacino": questo anche per la prossimità al paese del lago di Piediluco, un tempo assai più esteso, sul cui bordo il paese sarebbe venuto anticamente a trovarsi.
Dal Decimo secolo dell'era moderna si hanno già notizie precise sulla contrada e sul castello di Labro, fatto costruire dai Nobili a somiglianza della Rocca di Spoleto; e dal 956 inizia la storia feudale del paese, quando l'imperatore germanico Ottone I investe Aldobrandino de'Nobili signore di Labro e concede a lui, oltre al titolo suddetto, la signoria di altri 12 castelli situati tra il ducato spoletino e il contado di Rieti. Il periodo medioevale non fu certo un'epoca tranquilla per Labro: anzi, proprio per le lotte svolte in quel periodo, il paese si fece la fama di centro battagliero; innumerevoli furono le guerre che Labro combatté contro i castelli vicini, e specialmente violente furono quelle contro la rocca di Luco. Proprio per una di queste guerre la famiglia de' Nobili venne a perdere, nella seconda metà del '400, la signoria di Labro e l'inespugnabile arroccamento che sorgeva nella parte alta del paese comprendente, tra l'altro, un'altissima torre dalla cui sommità tutto il cuore d'Italia poteva essere scrutato.
La famiglia Nobili donò nel XII sec. a S. Giovanni in Laterano la quarta parte di Labro per trovare un valido appoggio nella lotta contro i Normanni, che all'apice del loro splendore furono ai confini di Morro. All'antica famiglia dei signori rimase solo la cinta delle mura del castello, e appoggiandosi a questa Giordano De' Nobili, nel XVI secolo edificò un palazzo forte, tutt'ora esistente e di proprietà della famiglia Nobili Vitelleschi.
La struttura portante del paese, si apre seguendo il corso del sole, l'abitato degrada dalla sommità del colle per fasce ben delimitate. La prima, più antica, è quella del castello e della torre, fortemente orientata verso est; quindi si incontra la fascia dei palazzi nobiliari, cui segue la fascia delle case della gente comune.
Questi tre percorsi principali, uniti fra loro da percorsi secondari, scavati nella roccia, sono la spiegazione della genesi storico - sociale di Labro: il percorso più basso serve una fascia di abitazioni perlopiù unifamiliari, di artigiani o contadini. Il percorso intermedio comprende palazzi di tipo signorile. Il percorso più alto, che funziona anche come via di accesso al castello, è edificato sulla porzione più elevata del colle. Questa fisionomia, disegnata dalla esigenze del tempo, è passata indenne attraverso la storia, per arrivare intatta ai giorni nostri. Neanche i terremoti e le guerre sono riuscite nell'impresa di lasciare il segno.
É proprio durante la Seconda Guerra Mondiale che si ricorda un evento che poteva sconvolgere la vita del paese. Durante una rappresaglia cinquantuno uomini di Labro furono messi al muro. Fu solo per il deciso intervento della Marchesa Maria Giovanna, che si riuscì a rimandare l'esecuzione grazie alla sua conoscenza del tedesco e ad una preziosa abilità diplomatica, salvando così la vita di un paese intero. Nel dopoguerra, a causa dello spopolamento, Labro, rischiava di abbandonare la sua identità storico urbanistica. Diversamente dal destino seguito dalla maggior parte degli altri borghi medioevali vicini, Labro ha sempre avuto, attraverso i suoi abitanti, la cognizione e la responsabilità di conservare la sua fisionomia e struttura storico architettonica. Per questo possiamo ancora ammirarla oggi nella sua struttura originale.
testi tratti dal sito del Comune di Labro
Il castello di Labro, come feudo, fa parte di quel gruppo di insediamenti fortificati, fondati per iniziativa signorile tra il X e XI secolo sulle pendici sud-ovest delle montagne del gruppo del Terminillo. Il merito della fondazione fu della famiglia Nobili. Le fonti relative alla storia della famiglia Nobili Vitelleschi, si basano sulle notizie fornite dall'archivio di famiglia, dal manoscritto "Storia di Labro" del Notaio Ippolito Tabulazzi (1630), dall'opera di Michele Michaeli "Memorie Storiche della città di Rieti e dei paesi circonvicini" e dagli Archivi della storia d'Italia (Rieti).
Le origini della famiglia che fondò Labro sembrano essere Longobarde. Infatti "... diramazioni secondarie dei Conti dei Marsi e di Rieti furono i Signori delle terre Berardesche, dai quali derivano le famiglie dei Nobili di Labro, dei Castelli di Terni, degli Arroni e forse anche degli Alfani di Rieti" (Michaeli, Vol. II, pag. 169).
I Conti dei Marsi e di Rieti erano diramazioni dei Longobardi Duchi di Spoleto. Nell'anno 956, i Signori di Labro ricevettero dall'Imperatore Ottone I lo stemma con l'aquila coronata e il pesce (simbolo del dominio dei loro torrioni sui laghi e sui fiumi) e l'investitura di 12 castelli (feudi) fra i quali Labro (Tabulazzi, pag. 44).
Le notizie sulle prime 5 generazioni non sono genealogicamente chiare e per questo se ne riportano soltanto i nomi più rappresentativi: Arrone, Ercole, Corrado Berardo II, Pandolfo, citato quest'ultimo, per la sua morte in battaglia, nel 1265, al seguito di re Manfredi (Tabulazzi, pag. 98). In seguito, a partire da Sinibaldo Signore di Labro (1220), attraverso documenti quali gli "Instrumenta" (Archivio Nobili Vitelleschi, Labro) si è potuto stabilire la genealogia della famiglia fino ai nostri giorni. Il cognome Nobili deriva dal soprannome con il quale venivano designati i Signori di Labro: i nobili di Labro, appunto. Dalla metà del XIV alla fine del XVII secolo i Nobili di Labro ricoprirono cariche pubbliche nel governo della città di Rieti.
L'incastellamento di Labro si componeva di una grande torre quadrata, molto alta, intorno alla quale si era sviluppato un borgo, circondato dalla strada di arroccamento a sua volta protetta dalle mura, con altre sette torri, posti di guardia e strutture di vario genere.
Alla fine del 1400, in seguito alla scomunica da parte di Papa Sisto IV, per l'uccisione di un sacerdote avvenuta per mano di Giovanni de' Nobili, la famiglia fu punita con la distruzione della grande torre e del borgo. Su parte delle fondamenta della torre fu costruita, nel 1498, una piccola chiesa, dal bellissimo portale, che ancora oggi si può ammirare nella parte più alta di Labro.
Alla famiglia de' Nobili rimase la parte esterna dell'incastellamento: le mura, le torri, i posti di guardia. Decisero, allora, di adattare quegli ambienti per farne il loro palazzo, che la famiglia avrebbe abitato fino ai giorni nostri.
Nel 1575 Girolamo de' Nobili sposò Virginia Vitelleschi. Alla morte del nipote Sante, figlio di suo fratello Marcantonio, Virginia rimase l'ultima del suo nome. A richiesta dei familiari più anziani, i figli di Girolamo e di Virginia aggiunsero al cognome Nobili il cognome Vitelleschi e unirono lo stemma con l'aquila e il pesce (Nobili) a quello con i gigli e i vitelli (Vitelleschi). L'atto che sanziona ufficialmente l'unione dei cognomi e degli stemmi è conservato negli archivi capitolini. Una copia autentica si trova nell'Archivio Nobili Vitelleschi, in Labro.
testi tratti dal sito del Comune di Labro
Le origini della famiglia che fondò Labro sembrano essere Longobarde. Infatti "... diramazioni secondarie dei Conti dei Marsi e di Rieti furono i Signori delle terre Berardesche, dai quali derivano le famiglie dei Nobili di Labro, dei Castelli di Terni, degli Arroni e forse anche degli Alfani di Rieti" (Michaeli, Vol. II, pag. 169).
I Conti dei Marsi e di Rieti erano diramazioni dei Longobardi Duchi di Spoleto. Nell'anno 956, i Signori di Labro ricevettero dall'Imperatore Ottone I lo stemma con l'aquila coronata e il pesce (simbolo del dominio dei loro torrioni sui laghi e sui fiumi) e l'investitura di 12 castelli (feudi) fra i quali Labro (Tabulazzi, pag. 44).
Le notizie sulle prime 5 generazioni non sono genealogicamente chiare e per questo se ne riportano soltanto i nomi più rappresentativi: Arrone, Ercole, Corrado Berardo II, Pandolfo, citato quest'ultimo, per la sua morte in battaglia, nel 1265, al seguito di re Manfredi (Tabulazzi, pag. 98). In seguito, a partire da Sinibaldo Signore di Labro (1220), attraverso documenti quali gli "Instrumenta" (Archivio Nobili Vitelleschi, Labro) si è potuto stabilire la genealogia della famiglia fino ai nostri giorni. Il cognome Nobili deriva dal soprannome con il quale venivano designati i Signori di Labro: i nobili di Labro, appunto. Dalla metà del XIV alla fine del XVII secolo i Nobili di Labro ricoprirono cariche pubbliche nel governo della città di Rieti.
L'incastellamento di Labro si componeva di una grande torre quadrata, molto alta, intorno alla quale si era sviluppato un borgo, circondato dalla strada di arroccamento a sua volta protetta dalle mura, con altre sette torri, posti di guardia e strutture di vario genere.
Alla fine del 1400, in seguito alla scomunica da parte di Papa Sisto IV, per l'uccisione di un sacerdote avvenuta per mano di Giovanni de' Nobili, la famiglia fu punita con la distruzione della grande torre e del borgo. Su parte delle fondamenta della torre fu costruita, nel 1498, una piccola chiesa, dal bellissimo portale, che ancora oggi si può ammirare nella parte più alta di Labro.
Alla famiglia de' Nobili rimase la parte esterna dell'incastellamento: le mura, le torri, i posti di guardia. Decisero, allora, di adattare quegli ambienti per farne il loro palazzo, che la famiglia avrebbe abitato fino ai giorni nostri.
Nel 1575 Girolamo de' Nobili sposò Virginia Vitelleschi. Alla morte del nipote Sante, figlio di suo fratello Marcantonio, Virginia rimase l'ultima del suo nome. A richiesta dei familiari più anziani, i figli di Girolamo e di Virginia aggiunsero al cognome Nobili il cognome Vitelleschi e unirono lo stemma con l'aquila e il pesce (Nobili) a quello con i gigli e i vitelli (Vitelleschi). L'atto che sanziona ufficialmente l'unione dei cognomi e degli stemmi è conservato negli archivi capitolini. Una copia autentica si trova nell'Archivio Nobili Vitelleschi, in Labro.
testi tratti dal sito del Comune di Labro